“Di che colore sono i tuoi occhi?”
“Non lo so”.
“Come non lo sai?”
“Non in questo momento. Sei tu che li vedi, non io…”
Ho vissuto spesso simili siparietti e ogni volta mi diverte da morire. Per questo ho scelto di inserirne uno in Tango in campo minato e per questo ho dato a Libero il colore dei miei occhi. Sono io che a volte devo confessare di possedere un’iride dal colore indefinito o cangiante, come dice la mia oculista. “Da neonata”, come dice mamma che sostiene i occhi non siano mai mutati dalla nascita, conservando quella tonalità che in genere viene perduta dopo i primi mesi per trasformasi poi nel colore che apparirà nella carta d’identità.
A proposito di documento di identità e a dimostrazione della confusione che il mio iride genera, nell’apposito spazio gli impiegati dell’anagrafe di Cagliari hanno alternato i verdi ai grigi, ai genericamente chiari.
Da chi ho preso questo colore? Mamma sostiene sia una sintesi: castani quelli materni, azzurri quelli di babbo, nonno verdi, nonna grigi.
Non so se abbia ragione perché il mio è una miscela di verde bottiglia e blu petrolio. Ma è anche vero che cambiano a seconda della luce.
L’iride indefinita è rara ma non tantissimo, a me è capitato un fidanzato con questo “optional” e ci divertivamo a pensare che avremmo potuto fare un figlio con la stessa qualità, alla faccia del carattere recessivo. Invece io non mi sono riprodotta e i miei geni moriranno con la sottoscritta, suo figlio non mi pare abbia ereditato la dote paterna.
Ad ogni modo questi miei occhi sono spesso stati fonte di grande divertimento proprio per la loro indeterminatezza e la varia aneddotica raccolta in anni di sguardi mi ha ispirata per una delle qualità che hanno fatto innamorare Lena di Libero.