Era da tanto che avevo in mente di scrivere questo articolo e mi pare appropriato farlo oggi: giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Dirò subito che Tango in campo minato non c’entra (quasi) niente con la violenza sulla donne, ma perché specificare che il mio libro non ha niente a che fare coi soprusi di genere?
Lena e il femminicidio
Il primo motivo è legato al fatto che qualche settimana fa mi è stato offerto di presentare il romanzo nel contesto di un evento contro il femminicidio e, ovviamente, mi sono rifiutata: l’argomento è troppo serio perché io possa sfruttarlo per farmi pubblicità.
In Tango in campo minato si trova un solo riferimento all’argomento: la protagonista Lena, che fa la mediatrice familiare, ricorda un caso in cui dovette occuparsi di un uomo che aveva picchiato la moglie e che era stato allontanato dalla casa di famiglia su disposizione delle istituzioni competenti. Lena era la psicologa che doveva valutare se, dopo mesi, l’uomo si fosse redento e potesse rientrare nell’ambiente familiare. Non vi dirò come va a finire questo episodio (in caso di curiosità compratevi il libro) anche perché è un fatto che, nel contesto della trama, innescherà altri eventi significativi. Dirò solo che per Lena rappresenta uno di quei casi in cui “lo Stato funziona e non arriva a cadaveri freddi come spesso invece accade”.
Parità di genere: come parlarne
Ok vi ho detto che c’è un lieto fine alla vicenda e questo pezzetto del libro è coerente con la visione che permea l’intera storia. Il che mi porta al secondo motivo: il tema delle violenze e delle diseguaglianze di genere mi sta molto a cuore e proprio per questo gli ho negato giurisdizione nella mia storia. Salvo l’episodio citato, infatti, ho voluto raccontare di un mondo in cui uomini e donne sono e si sentono uguali, almeno dal punto di vista dei diritti e dei doveri civici. I rapporti fra maschi e femmine sono paritari anche nei casi in cui una fa la casalinga e l’altro lavora fuori di casa. Un mondo come dovrebbe essere e come in realtà è in tanti contesti di vita vissuta, la mia per esempio. Ho voluto raccontare quella che dovrebbe essere la normalità e ho scelto invece di non rappresentare violenza o disparità.
La violenza fisica non è un’opzione
Ho la pretesa di pensare che anche questo possa aiutare la causa: non mostrare un volto tumefatto di vittima, ma raccontare una donna e un uomo che vivono nel rispetto reciproco pur litigando, amando, soffrendo e provocandosi sofferenza (esclusivamente psicologica o emotiva). Le botte non sono un’opzione percorribile per nessuno dei protagonisti, non lo sono mai e così dovrebbe essere il mondo. E siccome Tango in campo minato è il mondo che io ho creato, l’ho fatto come lo volevo: un luogo il cui un uomo prima di sollevare la mano sulla donna che ama, se la taglierebbe.