Claudia Mura

Perché Tango in campo minato è un’autopubblicazione

Sui self-publisher esiste un preconcetto: “ti pubblichi da solo perché nessuno ha voluto il suo libro”. Spesso è vero e nel mio caso è vero in parte. Arrivata alla decima revisione ho iniziato a spedire il mio manoscritto a degli editori: ho pensato di partire dai più grossi per ridimensionare poi le mie pretese col tempo. Ho quindi fatto i miei invii a Einaudi, Mondadori, Rizzoli e Giunti. Contemporaneamente ho proposto il testo anche a un’agenzia letteraria per avere un parere professionale visto che fino a quel momento mi ero basata sui consigli di amiche forti lettrici. L’agenzia letteraria milanese che ho contattato, e il cui giudizio ho pagato profumatamente, mi ha risposto dopo due mesi con quattro infauste cartelle.

La ricerca di un editore

La foto originale usata poi per la copertina

Dopo due giorni da questa vera stroncatura, fortunatamente mi ha risposto Einaudi: due cartelle di giudizi e consigli. Non erano tenuti a farlo e non mi risulta siano soliti rispondere negativamente per iscritto corredando la missiva di suggerimenti. Il responso in sostanza era: non siamo interessati alla pubblicazione ma il manoscritto non è male posto che si facciano alcune modifiche. Secondo il lettore di Einaudi, il personaggio principale funzionava (contrariamente a quanto ritenuto dall’agenzia), non solo, chiudeva la missiva con un “grazie per avercela fatta conoscere”.

Per me è stato come ricevere un 10 e lode dopo un 4. Ho quindi buttato via il giudizio dell’agenzia letteraria per operare una nuova revisione accogliendo i suggerimenti di Einaudi, parere decisamente più autorevole. In realtà prima di pubblicare ci sono state altre quattro revisioni e alla fine sono passati quattro anni dalle prime stesure. Non ho più proposto il mio manoscritto ad alcun editore e nel frattempo ho maturato la decisione di auto pubblicarmi. Ha contribuito alla scelta un corso sulla comunicazione su Facebook: parlai del mio libro a uno dei docenti per confrontarmi con lui sulla via migliore per promuoverlo una volta pubblicato e lui mi rivelò quanto gli editori fossero indietro nella comunicazione sui social: “Se vorrai promuoverlo su facebook e instragram dovrai farlo da sola perché non sono capaci. Solo che poi i proventi se li prenderanno loro. Perché non pensi al self-publishing?”

Primi dubbi

Fu il primo tarlo, in rapida successione mi capitò poi di intervistare due autori che avevano fatto la stessa scelta, uno addirittura aveva mollato il suo vecchio editore e pubblicava da solo sulle piattaforme on-line con miglior profitto.

Nonostante il rischio “me la suono e ma la canto”

I loro esempi mi fecero riflettere ma alla fine ho scelto l’autopubblicazione per diversi motivi: per sfida, per vedere come nasce un libro dalla a alla zeta e dominarne ogni processo, perché sono una sarda orgogliosa e ho difficoltà a chiedere l’attenzione che non mi arriva spontaneamente. Gli editori ultimamente sembrano essere diventati dei dittatori di fronte ai quali gli esordienti devono prostrarsi e la cosa mi è proprio indigesta. Meglio chiedere direttamente l’attenzione dei lettori.
In questo modo è tutto più impegnativo e il processo creativo non si esaurisce nella scrittura del libro ma continua con la sua promozione, il che può anche essere stressante. Soprattutto se vorresti dedicarti a un nuovo libro e io mi sento già premere dentro le voci dei nuovi personaggi.

Una signora anziana ma ancora insostituibile

In tanti dicono che l’editoria vecchio stile sia morta e il futuro sia nel self-publishing. Chi lavora nell’editoria non la pensa così e nemmeno io. Di sicuro questo futuro non è così imminente.
Io amo l’editoria e mi piacerebbe lavorarci dentro: è l’unico mestiere che mi piacerebbe di più rispetto a quello che faccio. E parlo con cognizione di causa perché prima di diventare giornalista professionista ho lavorato per un piccolo editore locale: l’ideale per capire come funziona la macchina che stampa libri. Facevo di tutto: dalla correzione di bozze alla consegna nelle librerie. Ho progettato un intero catalogo e lo ricordo come una delle mie maggiori soddisfazioni lavorative.

Amare l’editoria e farne a meno è contraddittorio? Non dal mio punto di vista: con Tango in campo minato ho messo in pratica ciò che ho imparato. Forse non è sufficiente ma ho fatto tutto da sola: dalla copertina (che è un selfie) all’impaginazione e niente editing. Nel bene e nel male posso dire “questo è ciò che io so fare”.