Da quando ho pubblicato Tango in campo minato, il 13 luglio, mi è capitato spesso di doverne dare una definizione. Qualsiasi cosa io dica mi pare ovviamente riduttiva: nessuna sommaria descrizione può rendere giustizia di 520 pagine di fatica narrativa. Eppure una sintesi è necessaria.
“È una storia d’amore”, dico in genere affrettandomi poi a specificare che la vicenda non si esaurisce in un evolvere di sentimenti.
Ciò che noto, a volte, è che ci farei una figura migliore se dicessi: ho scritto un saggio filosofico sull’Evoluzione del concetto di oggetto fisico (che poi è il titolo della mia tesi di laurea, che credo abbia avuto tre lettori, me compresa). Oppure: è la storia intima di una psicologa che progetta suicidi (che in realtà è una delle possibili descrizioni della protagonista Marilena).
Il fatto è che le storie d’amore scontano un preconcetto: quello di essere considerate distanti dalla letteratura “impegnata”, di strizzare troppo l’occhio al pubblico ma non alle menti più raffinate e acculturate.
E sapete una cosa? Ho realizzato che questo pregiudizio l’ho pure io, tant’è che ogni volta che dico “ho scritto un romanzo d’amore”, subito dopo aggiungo che però non è solo una storia sentimentale, che dentro ci sono conflitti, riflessioni e tensioni che non sono romantiche. Che dentro c’è pure la psicologia, la politica, il confronto con la società, con il trascendente e con la morte. Tutti temi “alti” insomma, come se l’amore non lo fosse.
Il massimo poi è quando dall’interlocutore viene evidenziato che le storie d’amore sono tipiche di un pubblico femminile, come se identificare un genere fosse un altro steccato sminuente. È vero che il mio libro piace soprattutto alle donne ma, guarda caso, il pubblico femminile è il più vasto perché legge più libri (gli uomini leggono più quotidiani, per esempio).
Ma torniamo alla questione “storia d’amore” e al suo retrogusto stucchevole. Voglio ricordare a me stessa prima di tutto e a chi ha la puzza narrativa sotto il naso, che “Cime tempestose”, “Anna Karenina” e “Le affinità elettive” – giusto per citare dei colossi della letteratura classica mondiale – sono storie d’amore. E perdonate l’accostamento pretenzioso.