Saranno passati trent’anni da quando ho letto per la prima volta “Cime tempestose”. Fu amore a prima lettura e da allora devo averlo riletto una decina di volte, in italiano e in inglese, così come ho visto e rivisto riduzioni cinematografiche in italiano e in inglese. Qualche giorno fa mi è tornata la scimmia e ho fatto un’ immersione di due giorni in cui ne ho rivisto quattro. Dopo ho ordinato questa bellissima edizione illustrata.
Il libro del cuore
Non avevo più una copia cartacea perché quella che ho prestato, con tutte le mie sottolineature, non mi è mai stata restituita (chi non rende i libri pesto lo colga). Non ho resistito alla tentazione di usare il segnalibro del mio romanzo e così, vedere la parole dell’adorata Emily sconsideratamente accostate alle mie, mi ha emozionata.
La brontite è lo struggimento patito da chi si è innamorato dei versi di Emily Bronte e non sa darsi pace ogni volta che finisce “Cime tempestose”. Non riesce a non sperare che Catherine quella notte riesca a raggiungere Heathcliff in fuga da lei. O, perduta quella possibilità, che almeno accetti di fuggire quando torna lui dopo tre anni. O che lei non muoia di disperazione e lui riesca a salvarla salvando se stesso.
Quel tormento dolce e desiderabile
Un amore assoluto e straziante, un’atmosfera così avvolgente che non si riesce più a fuggire a quella nebbiosa brughiera, a quelle mani che si cercano disperatamente senza sapersi ritrovare se non nella morte.
Considero la dipartita della scrittrice una perdita personale anche se avvenuta a 120 anni dalla mia nascita. Che i suoi scritti successivi a Wuthering Heights siano andati perduti, mi risulta insopportabile.
La tentazione
Da anni ho in testa una storia con Cime Tempestose al centro ma per pudore e deferenza non ho mai avuto il coraggio di buttare giù neanche un rigo. Emily resta per me un inarrivabile ideale. Del resto, “l’adorata Emily” è citata anche in Tango in campo minato fra le letture preferite della protagonista Marilena.